Le
nostre identità digitali alimentano un mercato tanto importante e vitale, quanto
invisibile. Servono ai grandi del potere economico, per fare spot mirati, guidare le masse,
controllare i pensieri, manipolare le ricerche. Basta vagare un po’ per la rete
e qualcuno di offre un piccolo dono in cambio di un semplice like, un parere
virtuale, una piccola intervista o un voto di preferenza. Penso che capiti a
tutti. Non è un fatto straordinario.
Qualcuno
ha detto: “l’informazione è potere” ed è proprio vero. Mai quanto lo è vero
oggi. Siamo oramai ai limiti impossibili della cyber-sorveglianza sviluppata
da un mercato pluri-miliardario di dati, che quotidianamente, cediamo in
cambio di piccoli doni ingannevoli. Questo mercato ha dato origine ad una
nuova forma di potere politico-economico: il potere degli algoritmi.
Ci
offrono regali, premi, partecipazioni a concorsi ghiotti, in cambio di
iscrizioni a pubblicità, siti, carte fedeltà. Ovunque vai è sempre la stessa
musica. Ma attenzione non lo fanno per bontà o benevolenza. I miei dati
probabilmente non valgono nulla, ma i dati di tutti noi, tutti insieme valgono probabilmente
qualcosa. Molto di più di un ciondolo o di una bottiglia di birra! Se
poi pensiamo ai giganti dei mercati come Facebook, Google, Amazon, Microsoft, Apple
e via dicendo, tutto questo ha un grosso valore perché ha un grande potere. La
rivista Forbes ha stimato che tutto ciò vale almeno 130 miliardi di dollari.
Mica poco!Lo
studio dei nostri profili, dei nostri interessi, dei nostri gusti, delle nostre
ricerche servono a capire cosa ti possono vendere, cosa ti possono proporre e
come possono convincerti a prendere, insomma serve a poterti manipolare con
facilità. Ad esempio, se sul web guardi sempre le donne bionde di proporranno
viaggi a Londra con una donna bionda che porge il biglietto. È un po’ il sogno
di ogni venditore quello di sapere come arrivare subito al dunque con i loro clienti
interessati. Qualcuno potrebbe pensare: “e chi se ne frega se mi scrutano e
guardano dove vado, cosa mangio, come spendo?”. Invece no. Non è così. In ogni
operazione che facciamo lasciamo un po’ di noi, una traccia che agevolerà qualcun'altro a fare i suoi interessi. Non si tratta solo di mercato, si tratta della
vita delle persone. Quando usiamo un’app o
la carta di credito, o un account, o il telefono, o la nostra pagina facebook,
qualcuno si impossessa di frammenti di noi, di pezzi di informazioni su di noi,
sono i cookie che registrano il nostro operato. Chi si impadronisce di questi
dati, prima o poi li utilizzerà sempre di più, per i propri fini.
Già oggi miliardi di
dati vengono raccolti da grandi società che elaborano studiano gestiscono,
comprano e poi vendono tutte queste informazioni. Poi saranno in grado di
usarle anche contro di noi, o per lo meno per manipolarci. Come dei pidocchi si
insediano nel nostro sub strato, nella nostra sotto pelle e ci tirano via qualcosa. Così veniamo
catalogati, studiati e senza saperlo qualcuno sa tutto di noi, sa cosa
mangiamo, cosa guardiamo, cosa leggiamo, come passiamo il tempo libero, se
abbiamo un amante, che macchina guidiamo ecc…, tutto questo poi lo usano per influenzarci
e limitare la nostra vera libera scelta. La scelta politica, finanziaria, sentimentale,
lavorativa, morale. Volendo guardare in
piccolo, “si fa per dire” pensiamo un attimo a Jeff Bezos il fondatore di
Amazon. All’inizio vendeva libri. Ha catalogato i suoi lettori in base alle
preferenze poi ha costruito man mano proposte ad persona e guardate oggi cosa è
riuscito a fare. Sempre con meno dipendenti, meno studiosi, meno operati e con
più algoritmi.
In
realtà poi è tutto collegato al web e
tutto può diventare un rilevatore della nostra privacy o delle nostre intimità
più profonde. Ogni aggeggio raccoglie continuamente dati su di noi dal semplice
robot che cucina per noi e va online per le ricette, al robot che autonomamente
fa le pulizie in case e traccia la mappatura delle nostre case.
Uno di questi
robot di recente è stato oggetto di attenzione. Pensate un po’ che aspirapolvere-robot
che gira in molte delle nostre abitazioni, conosce le nostre case, letteralmente, centimetro
per centimetro. L’azienda interessata ha rassicurato che i dati raccolti dall’aspirapolvere
in questione, che traccia una mappa precisa delle nostre abitazioni, è
collegata solo ad un app tra azienda e cliente. La raccolta di questi dati è
solo finalizzata a proporre successivamente pubblicità e offerte ad hoc, per
esempio di prodotti per bambini se in casa è stata rilevata una cameretta da bambino. Questi dati non
saranno mai venduti ad Amazon, Apple o Google. In realtà queste informazioni
dovrebbero essere trattate solo con il consenso, ma chi ci può darci questa
garanzia?
Il fatto è del tutto inquietante perché ci fa
capire la gigantesca prospettiva di essere sempre sotto lente, come se fossimo
costantemente spiati da qualcuno che raccoglie informazioni su di noi e che
potenzialmente potrebbe passarle a qualcuno interessato ad usarle. Ed è così
per tutto. Lo spione numero uno è sicuramente il telefono, perché è un oggetto
unico che racchiude praticamente tutto su di noi, la nostra scatola nera. Grazie
alle app che scegliamo di usare, conosce i nostri gusti e le nostre preferenze,
le nostre abitudini. Ora avrà una visione ancora più completa, visto che è
sempre più usato anche nei sistemi di pagamento.
Tutto questo non vale
solo per i mercati e le compravendite, ma anche per tutto il resto, compreso la
politica, la finanza ecc. I politici possono diffondere idee populiste
per raccogliere il consenso facendolo in modo mirato e senza il controllo di
nessuno sopra di lui.
Quindi seppure indubbiamente
da tutto ciò si ricavano dei benefici per tutti, allo stesso tempo si corrono
anche molti rischi, perché i padroni di tutte queste informazioni possono ricavare
i nostri segreti più intimi, i nostri gusti sessuali, le nostre devianze. Allo stesso tempo mi rendo conto che tutto ciò è
inarrestabile.
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