LA VOGLIA DELL'APPARIRE AL PREZZO DI AFFETTI E SALUTE

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I n questa epoca di social ed individualismo, si danno false priorità alla ricerca spasmodica di affermazione sociale, che ci spinge sempre più a considerare tutto il resto, come gli affetti e la salute, una questione di minor importanza da poter delegare ad altri. Quasi come se la salute o le relazioni fossero paragonate all’importanza di un telefonino che sì porta in assistenza a riparare al primo segnale di malfunzionamento, o forse anche meno importante. Questo modo di pensare però ha un prezzo molto alto, perché va a cancellare sempre di più quella doverosa consapevolezza che ognuno di noi dovrebbe avere per se stesso, curando le relazioni con i propri cari e facendo attenzione alla salute del proprio corpo. Invece, si finisce per riporre fiducia cieca nei suggerimenti che arrivano dall'esterno e ci si allontana da quella capacità, che tutti abbiamo dentro di noi, di ascoltarci. Io sono del parere che gli affetti e la salute sia una responsabilità strettamente personale di cui...

FIGLI EDUCATI NELLA PAURA

bambina sola

Cercando materiale informativo per una ricerca specifica ho letto: “Prova a riflettere. Che genere di uomo lo farai diventare, se lo educhi nella paura? Povera bambina mia, non possiamo vivere al posto dei nostri figli -anche se a volte ci accade di desiderarlo-. Ciascuno deve vivere e soffrire per conto proprio. Il più grande favore che possiamo fare loro è tenerli all'oscuro della nostra esperienza”. La cosa mi ha incuriosito ed ho fatto qualche riflessione. 


Sono sempre dell’opinione generica che è meglio avere comprensione, e cercare di capire e riflettere su ciò che ci aiuta a vivere meglio, ma il rapporto con i figli o con i giovani in genere è sempre complicato. Da ragazzo ricordo di aver più volte udito gli adulti, criticare con consapevolezza, altri adulti che crescevano i proprio figli nella campana, evitandogli di fare ogni tipo di esperienza. Questo era chiaramente riportato come errore e rimprovero. Ma oggi comprendo pure che gestire le proprie paure e responsabilità è parecchio difficile. Per farlo bisogna rendersi conto della irrazionalità delle paure e si deve cercare il confronto. Un ruolo fondamentale in questo lo rivestono gli educatori di base, quelli che solitamente possiedono la capacità di individuare situazioni tipiche, già all'interno delle prime classi di scuola. Su certi argomenti comunque ritengo che nei casi importanti è sempre consigliabile richiede un intervento  di una persona qualificata come può essere uno psicologico. Ma detto ciò voglio comunque dire il mio punto di vista.  

E' risaputo che essere padre o madre è il mestiere più difficile al mondo ed è altrettanto vero che, qualsiasi cosa si decide di fare, si sbaglia. Per questo molti giovani dicono che quando un giorno diventeranno genitori faranno meglio dei propri e puntualmente poi davanti alle future situazioni si accorgono che fare il genitore non è per niente facile come appariva in età adolescenziale. Questo l'ho vissuto pure io. 


Quindi ci si ritrova ad agire ed a pensare come non si sarebbe mai immaginato prima. L’istinto di un genitore è quello di proteggere il figlio da tutto e tutti, da qualsiasi cosa potenzialmente pericolosa, ma l’eccesso di protezione, quando diventa fobia vera e propria, non va bene. Ritrovarsi genitore porta inevitabilmente ad una serie di situazioni difficili, immerse in una serie infinita di paure. Essere responsabile di qualcuno ti porta ad entrare in un mondo in cui quelle certezze che fino a poco prima sembravano scontate, cominciano a traballare. Si vive di paure perché l’essere umano non la spunta senza di loro, e perché la paura è peggio di un virus dilagante, ma questo è normale, ogni uomo può provare paura ma deve poi trovare il coraggio di superarla. Questa è la sostanziale differenza tra chi è un uomo e chi non lo è. Non trovare quel coraggio è la cosa peggiore, questo lo so così come so che molte volte quel coraggio non lo trovo neanche io. Molti hanno sviluppato nella loro vita tante ansieperché hanno sentito centinaia di volte i loro genitori metterli in guardia, quindi, ansie assimiliate involontariamente dai comportamenti di chi li ha guidati, e poi così a loro volta li ritrasmettono agli altri. Forse questo è quello che spinge tutti ad un atteggiamento di iper protezione, che appartiene ad un circolo infinito come il gatto che si mangia la coda. 

Eppure è un dato certo che un bambino una volta che inizia a camminare e a sperimentare, inizia contemporaneamente quel processo, inizialmente lento, di distacco dai propri genitori fino a quando un bel giorno si sarà in qualche modo reso indipendente e autonomo. 


È bene non ostacolare i passi di esplorazione che portano il proprio figlio verso il mondo, e cercare di restar sempre disponibili per dare una mano di aiuto, un punto di riferimento fermo, un rifornimento affettivo quando il figlio ne avrà bisogno. Al contrario accade sempre che il genitore tende a controllare, o ancora peggio, a sostituirsi al figlio, evitandogli così di fare esperienze considerate dannose.  Tutti devono fare le cosi dette brutte esperienze perché aiutano a crescere. Accade soprattutto in genitori ansiosi, più preoccupati ai pericoli che orientati a ciò che realmente, in quel momento, è emotivamente importante per il loro piccolo. Non c’è dubbio che la molla umana che spinge il genitore, è quella di preservare il piccolo da tutte le possibili situazioni spiacevoli, ma alla base di una immotivata iperprotettività c’è sempre la visione distorta e disfunzionale di un mondo vissuto come totalmente minaccioso, quindi l’espressione di un proprio disagio emotivo. Purtroppo però l’iperprotettività minaccia lo spazio di autonomia del bambino perché viene vissuta come disconoscimento delle proprie capacità. Il bambino incoraggiato cresce positivo, quello frenato cresce nella paura. 
Ogni adolescente si trova così a combattere le sue prime guerre di indipendenza che se protratte nel tempo potrebbero portare a ben più gravi conseguenze e sfociare in disturbi d’ansia. Sono sempre dell’opinione che i timori vanno vissuti affrontati e superati, altrimenti i figli stessi, poi a loro volta, da adulti si ritroveranno a sviluppare le paure e personalità distinte dei grandi. Per questo è meglio riconoscere e limitare quelle ansie a cui ci arrendiamo e che potremmo attaccare loro più efficacemente di una fede calcistica. Diventa importate rompere il ciclo, maturare andando oltre gli sbagli e le debolezze dei propri genitori che ci hanno trasmesso.

CONSIGLI:
  • I figli vanno aiutati quando sono in difficoltà ma non bisogna esagerare;
  • non mantenerli sempre e solo nell'ambiente domestico e familiare;
  • lasciarli commettere errori e affrontare sconfitte e delusioni;
  • dare fiducia nel risolvere i loro problemi autonomamente;
  • intervenire e guidare un percorso solo dove e quando è necessario;
  • dargli fiducia ed assegnarli compiti di responsabilità per se s tesso e verso gli altri;
  • controllarli a distanza mettendo dei paletti e delle regole cercando di evitare le limitazioni assolute, quei famosi No che aiutano a crescere e non a mortificarsi;
  • evitare di soffocare ogni strada intrapresa nelle scelte ma lasciar il giusto spazio;
  • far sperimentare autonomamente perché devono capire che esistono dei pericoli.

Meglio guardare in faccia le proprie paure per insegnare ad essere una persona miglior e più forte, anziché tramandarsi di padre in figlio le proprie paure e le proprie ansie, tanto i pericoli sono sempre esistiti in tutte le generazioni, cambiano solo aspetto, ma non sono mai esistite epoca scevre da pericoli. Così facendo anche loro cresceranno forti e decisi, che non vuol dire super eroi invincibili che non sbagliano mai, ma solo ancora una volta migliori, che faranno crescere figli sempre più sicuri e capaci di affrontare le situazioni, senza temere false ansie.

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