La rabbia è un’emozione antica, ma
quasi mai utile, anzi è legata al filo doppio con lo stress, che ci ruba troppe energie. Per vincerla c’è davvero bisogno di affrontare il conflitto che l’ha
generata. In tutto questo i social non aiutano anzi danneggiano. Nella sfera
dei famosi sette peccati capitali, indicata come Ira, si comprende quanto è forte e pericolosa e può letteralmente far scoppiare il cuore.
E’ quell'emozione primitiva, considerata fondamentale da tutte le teorie
psicologiche, poiché per essa è possibile identificare una specifica origine
funzionale, delle manifestazioni espressive e delle modificazioni fisiologiche
costanti. E’ presente sia nei bambini molto piccoli che negli adulti, sia
nell'uomo che nelle altre specie animali, diverse dell'uomo. Tutti la
possiedono. Se volessi dare un colore alla rabbia sarebbe il rosso vivo, rosso
color sangue, vivo dello stesso colore che fa rodere il fegato. È quell'emozione primaria che è istinto puro, che parte dalla zona più remota del cervello,
certe volte dalla pancia o dal cuore, e scatena il primitivo essere che è dentro
ognuno di noi, quello che sovrintende all'autoconservazione, quello che non è
così addomesticato come si crede, quello che quando la rabbia passa fa provare
anche vergogna. Rappresenta la tipica reazione dell’uomo alla frustrazione e
alla costrizione, sia fisica che psicologica che si prova in determinate situazioni. La costrizione e
la frustrazione non costituiscono in sé le condizioni sufficienti e neppure
necessarie, perché si origini il sentimento della rabbia. La rabbia accompagna
le comuni giornate e quasi mai è utile, perché di fatti non salva nessuno da
alcuna situazione.
Quella molla scatta per la qualsiasi, da quando il collega
dà la rispostina velenosa, a quando il partner organizza qualcosa senza nemmeno
consultarti, quando qualcuno si prende qualcosa di tuo, magari il tuo venerato
tempo. Seppur negativa la rabbia da un’energia incredibile, una forza
sconosciuta, impensabile di possedere, ma che quando passa fa spesso pentire
per tutto quello che è accaduto. Ma perché è accaduto? Spesso la
rabbia è frutto dello stress quotidiano, l’epilogo di un rimuginare su episodi
che hanno ferito, e tante volte, piccole e grandi cose che si accumulano pian piano,
come mine vaganti, e poi tutte insieme esplodono nel momento sbagliato e magari
per l’episodio più lieve, quello meno significativo, spesso contro la persona più sbagliata.
Quando si prova rabbia tendenzialmente ci si indirizza verso tre punti ben
distinti. Si può provare rabbia verso l’oggetto o il soggetto che provoca in
noi la frustrazione, oppure la nostra mente ci porta a spostare l’ira verso un
oggetto o soggetto che di fatto è differente da quello che realmente ha
generato la frustrazione. In alcuni casi quando non si sceglie nessuna delle strade sopra descritte si finisce con il provare la rabbia verso se stessi,
una sorta di autolesionismo ed auto aggressione perché si percepisce che la
causa effettiva, quella vera e profonda risiede dentro noi. Si perché se da una
parte c’è la rabbia attiva, che esplode e avvelena la vita, dall'altra c’è anche quella
passiva, quella forse peggiore che resta dentro.
Nel quotidiano siamo spesso
invasi da pensieri negativi e ossessivi che fanno male e alla lunga spingono
l’organismo a produrre anche sostanze nocive per la salute e per il benessere.
Come comportarsi dunque per cercare di vincere o per lo meno affievolire gli
esiti della rabbia? Di recente ho letto che ha avuto grande risonanza l’exploit
delle stanze della rabbia, in cui è possibile entrare e spaccare tutto in senso
materiale per sfogare tutta la negatività che si è accumulata all'interno di
ognuno di noi, tenendo comunque presente che la rabbia deve essere vinta non
alimentata. Bisogna imparare a riconoscere quando sta crescendo dentro per
poterla combattere. In questo senso, la meditazione insegna a dare il giusto
peso alle situazioni perché non tutte meritano questo enorme spreco di energia
fisica e mentale! Quindi è meglio mettere a fuoco le priorità autentiche, e far
scivolare via tutto il resto. Le situazioni davvero difficili, infatti, hanno
solo due prospettive quella di uscirne fuori oppure di rimanervi prigioniero. Se
si rimane vittime è importante capire che se una cosa è accaduta, allora esiste
e non si può più cambiare. Va accettata senza sottomettersi, senza subire, ma
cogliendo la lezione che la vita ha dato ed imparando dall'esperienza vissuta.
Solitamente ci sono due tipi di persone, ovvero quelle che davanti alle
situazioni esplodono come vulcani e quelle che dicono di non riuscire ad
arrabbiarsi e finiscono inevitabilmente per soffrirne interiormente. La rabbia
è un’emozione che fa paura, ma in realtà la rabbia va conosciuta e gestita, e
soprattutto va affrontato il conflitto che l’ha generata. La reazione classica
è quella di alzare il tono della voce senza riuscire a comunicare agli altri di
essere arrabbiati. La si espone con un tono alto ed irritato. Se si riesce, va
gestita l’ondata di ira, facendo altro come ascoltare musica, fare una
passeggiata, praticare sport. Quando accade spesso che qualcuno fa qualcosa che
infastidisce, è meglio dirlo con calma, senza esordire con un tono accusatorio.
Oggi ad aggravare tutto c’è il moderno mondo social che ha alienato le vecchie
liti per strada e le sfuriate da ragazzini. Nell'era dei social la gestione
delle emozioni è più complicata, perché è difficile comprendere lo stato
emotivo di qualcuno attraverso una tastiera senza averlo difronte. Tutti sono
sempre molto arrabbiati perché il loro cervello è in fase di sperimentazione
costante e si arriva a dire cose terribili che non si pensano veramente.
E’
meglio arrabbiarsi motivando chiaramente le cause dello scontento, questo
può essere infatti una procedura utile per ottenere un valido cambiamento.
Esternare le motivazioni del rammarico o del fallimento, in modo da prenderne
meglio atto, può essere il metodo più corretto per cercare ed ottenere un utile
cambiamento in meglio.
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